Piante officinali

Acacia, Mimosa  -  Acacia dealbata
Acacia, Mimosa - Acacia dealbata
Nome: Robinia pseudo-acacia Famiglia: Papilionace Nomi comune: cascia, spina foggia, robinia, parasol, acag. Habitat: Dappertutto sotto i 700 metri. Parti usate: Si utilizzano solo i fiori



Aglio - Allium
L'aglio è una pianta di origine Europea, coltivata ormai in gran parte del globo, per usi gastronomici; si tratta di una bulbosa, di cui si utilizzano appunto i piccoli bulbi in cucina.
 
Biancospino  -  Crataegus
Biancospino - Crataegus
Nome: Crataegus oxvacantha L. Famiglia: Rosacee. Nomi comuni: spi della lendena, spiazzo, pagaia, maggio, pruno aguzzo, pà d'asen, ma ruga bianca. Habitat: tra i cespugli fino alle pendic

Camomilla  -  Matricaria camomilla
Camomilla - Matricaria camomilla
Nome: Matricaria camomilla L. Famiglia: Composite. Nomi comuni: carboniglia, erba maria, samariza, amareggiola, carcumiddu. Habitat: Si può trovare in qualsiasi ambiente al di sotto dei 250 m
 

 Gelsomino  -  Jasminum officinale
Gelsomino - Jasminum officinale
Nome: Jasminum officinale L. Raccolta: In estate. Proprietà: Astringente e leggermente sedativo.
 
 
Liquirizia  -  Glycyrrhiza glabra
Liquirizia - Glycyrrhiza glabra
Nome: Glycyrrhiza glabra L. Raccolta: Tra settembre e novembre. Proprietà: Rinfrescante, bechico, lassativo, espettorante, diuretico, antinfiammatorie. Famiglia: Papilionacee.
 
Luppolo  -  Humulus lupulus
Luppolo - Humulus lupulus
Nome: Humulus lupulus L. Raccolta: Alla fine dell’estate. Proprietà: Aromatico, diuretico, digestivo, sedativo, lassativo, anafrodisiaco. Famiglia: Cannabinacee. Nomi comuni: Vertis, leppele
Menta
Menta
Esistono centinaia di specie di menta, diffuse in Europa, Asia ed Africa; le specie più diffuse sono piccole perenni rizomatose, con foglie molto aromatiche, utilizzate in erboristeria ed in cucina.
 
Tarassaco, Dente di cane, Cicoria selvatica  -  Taraxacum officinale
Tarassaco, Dente di cane, Cicoria selvatica - Taraxacum officinale
Nome: Taraxacum officinale Weber. Raccolta: I fiori in primavera, le altri parti tra maggio e settembre. Proprietà: Tonico, lassativo, diuretico, coleretico. Famiglia: Composite.
 
Tiglio - Tilia sp
Nome: Tilia sp.pl. Raccolta: Tra maggio e luglio. Proprietà: Fiori: sedativo, bechico, antispasmodico; la corteccia: ipotensivo, antispastico. Famiglia: Tiliacee Nomi comuni:

 


 Timo  -  Thymus vulgaris
Timo - Thymus vulgaris
Il timo è una piccola perenne tappezzante, diffusa in tutta l'area mediterranea; come pianta medicinale viene utilizzato di preferenza il thymus vulgaris
 




Ginseng - Panax

Il nome scientifico del ginseng, "Panax", deriva dal greco pan che significa tutto e axos che significa cura.
La coltivazione del ginseng richiede molta abilità, si propaga dal seme in primavera e richiede un terreno ricco in sostanze nutritive e ben drenato.
La radice viene raccolta durante il periodo autunnale. il ginseng di solito si usa sotto forma di capsule, tavolette, fluidi, estratti molli ecc. Il ginseng è considerato da molti un ottimo tonico in caso di astenia e in caso di convalescenza.
Azione adattogena: aiuta l'organismo ad adattarsi allo stress, alla stanchezza e al freddo; favorisce l'attività mentale aumentando la capacità di concentrazione e di memoria.

ginseng

Ficus microcarpa ginseng



ficus

Generalità


il ficus ginseng è una varietà di ficus microcarpa, dalle dimensioni abbastanza contenute. La specie f. microcarpa è un albero, che raggiunge i 20-25 m di altezza, originario dell'Asia e dell'Australia; F. ginseng è invece un arbusto di media grandezza, che può raggiungere i 100-130 cm di altezza, sempreverde. Il fogliame è lucido, ovale, coriaceo, di colore verde scuro brillante; la corteccia è di colore chiaro; in natura queste piante producono piccoli fichi di colore porpora o nero, che si sviluppano lungo le ramificazioni. La caratteristica principale del ficus ginseng sono le radici: hanno sviluppo aereo e raggiungono dimensioni cospicue, donando alla base del tronco una forma caratteristica; le grandi radici aeree ricordano larghi tuberi robusti. Questa specie di ficus presenta fogliame di dimensioni abbastanza contenute, questa caratteristica, unita alle dimensioni totali della pianta ed alle grosse radici aeree ha reso il ficus ginseng molto apprezzato anche come bonsai.

Trattamento

Esposizione: predilige posizioni ben luminose, ma è bene evitare l'eccesso di luce solare diretta; soprattutto si consiglia una esposizione graduale al sole diretto, e di evitare una eccessiva insolazione durante la stagione calda. Questo ficus può sopportare temperature vicine allo zero, anche se si ha uno sviluppo migliore coltivando la pianta con temperature minime non inferiori ai 10°C. Quindi da marzo ad ottobre si può esporrre all'aperto, in luogo semiombreggiato, mentre durante i mesi freddi si coltiva come pianta da appartamento, oppure in serra temperata. Annaffiature: da marzo-aprile, fino alla fine dell'estate, si annaffia abbondantemente, attendendo sempre che il terreno sia ben asciutto tra un'annaffiatura e l'altra, ed evitando di lasciare acqua nel sottovaso; con l'arrivo dell'autunno le annaffiature si diradano, inumidendo il terreno periodicamente, senza però dimenticare di vaporizzare spesso la chioma. Nel periodo vegetativo fornire del concime per piante verdi, ogni 15-20 giorni, mescolato all'acqua delle annnaffiature.

Riproduzione

Terreno: utilizzare un buon composto ricco di humus, molto ben drenato; si può utilizzare del terriccio universale, mescolato con una piccola quantità di sabbia e di stallatico ben maturo. In genere si scelgono contenitori non troppo capienti, in modo da far ben risaltare la dimensione delle radici aeree. Moltiplicazione: avviene in genere per seme, in primavera, oppure per talea, durante i mesi estivi. Parassiti e malattie: soffrono per l'attoacco della cocciniglia, soprattutto in un clima molto asciutto. Eccessive annaffiature, o un terreno scarsamente drenante, possono favorire l'insorgere di marciumi.
Ulteriori informazioni su: Ficus microcarpa ginseng - Appartamento

Funghi - Il Micelio

Il micelio
L'insieme dei sottili filamenti cellulari chiamati ife, va a costituire un intreccio sufficientemente compatto chiamato micelio. In origine il micelio nasce dalla germinazione delle spore dei funghi per poi moltiplicarsi per divisione cellulare. Teoricamente l'organo di riproduzione dei funghi è la spora; in realtà però nella coltivazione si utilizza il micelio. Il micelio, non solo a livello hobbistico ma anche industriale, viene preparato da ditte specializzate che dispongono di apposite attrezzature e curano all'inverosimile l'igiene dei metodi di preparazione, per non avere prodotto inquinato: se infatti fosse già inquinato il micelio di partenza, non si potrebbe certo sperare nella buona riuscita della coltura. In laboratorio, piccole quantità di micelio puro vengono inoculate su substrati sterili di cereali (miglio ed avena in particolare), normalmente contenuti in bottiglie o sacchetti di plastica (fig. 4). Una volta che il micelio ha completamente invaso il substrato, le confezioni vengono inviate ai fungicoltori per inoculare i substrati di coltura. Il micelio è facilmente deperibile quindi, una razionale conservazione è alla base di una buona riuscita della coltura: deve essere infatti conservato in frigorifero a + 2°C di temperatura. Anche in frigorifero la sua conservazione è limitata e varia dai 12-15 mesi per il micelio di prataiolo ai 40-60 giorni per il micelio di Flammulina velutipes. Il micelio descritto è quello comunemente usato sia a livello di coltivazione da reddito, sia hobbistico. L'amatore comunque ha sempre notevole difficoltà a conservare il micelio fresco sopra descritto o ad acquistarlo con ottime garanzie di conservazione. Il micelio secco non è altro che il micelio fresco disidratato con opportuni accorgimenti. Il micelio deve essere essiccato con macchine che diano sufficiente garanzie d'igiene, che non lo riscaldino togliendogli potere germinativo, né che ne rompano la struttura cellulare disidratandolo (liofilizzazione). Il micelio secco, che solo in casi particolarissimi viene usato nella coltivazione da reddito, è fortemente diffuso a livello amatoriale.
Al fungicoltore professionista il micelio secco non interessa poiché, se ben preparato, è di più alto costo ed è comunque più facilmente inquinabile all'atto della semina e successiva reidratazione. L'amatore acquista più volentieri il micelio secco poiché più facilmente conservabile e di facile trasporto; inoltre per le piccole quantità di substrato che andrà ad inoculare, le maggiori difficoltà di utilizzo non rappresentano per lui un grosso rischio economico.
Quando è possibile, comunque, soprattutto a livello di costi, è sempre consigliabile utilizzare micelio fresco in particolare perché, indipendentemente dal fatto che il micelio sia fresco o secco, per unità di peso di substrato vengono sempre utilizzate le medesime unità di volume di micelio. Il micelio infatti viene commerciato a volume (litri) e non a peso, che dipende dalla più o meno elevata percentuale di acqua contenuta. Quando si acquista micelio fresco è bene controllare che sul fondo del contenitore non vi siano eccessivi depositi di liquidi (acqua di percolazione normalmente di colore giallastro) né macchie di colori vari che sarebbero indice di cattiva conservazione del prodotto. Quando si acquista micelio secco è bene sapere che la parte biologicamente attiva (micelio) è quella polverulenta che riveste i cereali e, in parte, contenuta negli stessi, non quest'ultimi che sono solamente il substrato di sviluppo del micelio.

L'inoculazione
L'inoculazione o semina è la pratica più importante sia per il fungicoltore professionista che per l'hobbysta. L'hobbysta, in particolare, commette in questa operazione la maggior parte dei suoi errori soprattutto per inosservanza delle più elementari norme d'igiene. Molto spesso infatti, ci si avvicina al micelio, con mani ed abiti sporchi o lo si inocula in ambienti igienicamente non adatti, non si ha cura di proteggerlo dal proprio fiato con una semplice mascherina.
Quando la semina avviene in luoghi chiusi è indispensabile scegliere locali puliti ed è sempre consigliabile, quando possibile, una preventiva disinfezione dell'ambiente ad esempio con acqua e formalina o imbiancando il locale. E buona regola inoltre, frantumare prima dell'uso, con mani ben lavate, il micelio tenendolo in un recipiente pulito (pentola) per poterlo inoculare facilmente in substrati o ceppi di legno, senza farlo cadere a terra, evitando così la tentazione di raccoglierlo.

L'incubazione
Inoculato in un buon substrato di coltura il micelio tende a moltiplicarsi ed invadere completamente il substrato stesso: questa fase prende il nome di incubazione. Normalmente l'incubazione avviene in presenza di alte concentrazioni di anidride carbonica (CO2) e umidità, motivo per cui i substrati di coltura sono sempre più o meno avvolti o ricoperti di materiale plastico impermeabile ai gas e all'acqua e tenuti a temperature ben definite. Il controllo della temperatura del substrato è sempre molto importante. Temperature ottimali facilitano l'incubazione: altre che si discostano da queste possono non solamente rallentarla ma anche impedirla. Normalmente temperature inferiori all'ottimale rallentano soltanto l'incubazione senza impedirla, sempre che nel frattempo non si lascino troppe possibilità agli agenti inquinanti. Temperature troppo elevate possono deteriorare il micelio fino al punto di compromettere l'incubazione.

La produzione dei carpofori
FUNGHI MARA: stanze di coltivazione per il controllo qualità
Completata l'incubazione, i substrati di coltura si presentano completamente invasi da micelio: è questo il momento di portarli nei luoghi di coltivazione affinché fruttifichino ed un'abbondante produzione di funghi compensi di tutte le fatiche e di tutte le ansie. I fungicoltori professionisti dispongono di locali di produzione completamente climatizzati dove realizzare le giuste condizioni di temperatura, umidità, ventilazione e luce ottimali per la produzione dei funghi. Raramente l'amatore ha ambienti simili per cui, conoscendo le esatte necessità climatiche del fungo che vuole coltivare nonché i tempi di incubazione del substrato, programmerà la fuoriuscita dei carpofori in quei periodi stagionali naturalmente favorevoli ed allungherà questi periodi, riparando i luoghi di produzione con frangivento, ombreggianti, teli di nylon e frequenti bagnature.

Substrati di coltura per funghi

Substrati di coltura per pioppini
Per substrato di coltura si intende quell'insieme di materiali, organici e non, in grado di fornire ai funghi le sostanze alimentari nella forma e nelle quantità necessarie a soddisfare i bisogni del suo metabolismo.
FUNGHI MARA: Bagnatura della paglia
I substrati più conosciuti e più largamente usati sono il letame di cavallo, utilizzato per la coltivazione del Prataiolo e del Coprinus comatus (coprino); la paglia di cereali per i funghi del genere Pleurotus, Pholiota, Stropharia, Flammulina ed altri; il legno per Pleurotus ostreatus, Lentinus edodes (ShiiTake), Pholiota aegerita (pioppino), Armillaria mellea (chiodino) ed altri; la segatura di legno nonché sottoprodotti della lavorazione del cotone, dei tessuti in genere e della carta: in sintesi tutti quei substrati che possono portare zuccheri e proteine al fungo nelle forme più disparate. Per scoprire un substrato di coltura adatto al fungo si cerca di capire di quali sostanze si nutre e sotto quale forma queste si presentano nel suo habitat naturale.

Composizione del substrato di coltura

FUNGHI MARA: tunnel di pastorizzazione
Attraverso una serie di prove sperimentali si cerca di ricreare il substrato alimentare idoneo al fungo partendo, il più delle volte, non dallo stesso materiale naturalmente trovato, ma da prodotti simili di facile reperibilità e di basso costo. A volte queste materie prime vengono utilizzate quasi nello stato in cui si trovano in natura come, ad esempio, la paglia ed il legno di pioppo per il Pleurotus ostreatus. In altri casi invece, come per il prataiolo, i substrati di partenza vengono ampiamente "lavorati" al fine di ottenere quelle fermentazioni e successive trasformazioni che li rendono accetti al fungo.
Una volta individuata la composizione del substrato di coltura ed effettuata la fermentazione fino ad ottenere la giusta trasformazione delle materie prime, il substrato è pronto ad ospitare i funghi, nutrirli e permettere loro la vita. In teoria quindi basterebbe inoculare (seminare) in essi il micelio del fungo ed iniziare la coltivazione: è in realtà ciò che facevano i primi coltivatori di prataiolo, quando preparavano il substrato nelle grotte per poi disporlo in sottili e lunghi cumuli (corps de meule schiene d'asino) dove inoculavano il micelio.


"Pastorizzare" o a "sterilizzare" il substrato di coltura per funghi

FUNGHI MARA: confezionamento del composto
Va da sé che se quel composto rappresenta un ottimo substrato alimentare per il nostro fungo rappresenta altresì anche un'appetibile e ricercato nutrimento per la miriade di muffe, insetti, batteri, virus, non dannosi all'uomo e agli animali, naturalmente presenti nell'ambiente e in quel tipo di substrato e concorrenziali con il nostro fungo. Per eliminare tutti questi indesiderati concorrenti, il coltivatore tende a "pastorizzare" o a "sterilizzare" il substrato di coltura, cioè a sottoporlo a sbalzi termici grazie ai quali si uccide tutta la microflora patogena. Si parla di pastorizzazione quando il substrato è sottoposto ad una serie di trattamenti termici programmati e controllati coi quali eliminare solo gli individui patogeni concorrenziali con il fungo da coltivare ma non la microflora amica. E' questa una pratica molto razionale poiché i microrganismi rimasti nel substrato tenderanno ad opporsi all'inquinamento dell'ambiente difendendo il substrato stesso fintanto che questo non sarà invaso ed, a sua volta, difeso dal micelio del nuovo fungo inoculato.

 Inoculazione del micelio

Nei substrati pastorizzati l'inoculazione del micelio viene fatta in un ambiente pulito, ma non necessariamente sterile, con bassi costi di inoculazione e con metodi estremamente semplici proprio grazie al sistema di difesa che ha in sé. La pastorizzazione però è possibile solo quando si conoscono molto bene le esigenze sì alimentari ma, soprattutto, di convivenza del nostro fungo. In caso contrario si procede alla sterilizzazione del composto cioè alla eliminazione totale di ogni forma di vita nel suo interno, affinché non vengano a frapporsi ostacoli fra il substrato ed il fungo desiderato.
E' ovvio che in questo caso, le condizioni di inoculazione del micelio debbano essere perfette, altrimenti il substrato verrebbe facilmente inquinato dai microrganismi dell'ambiente. Poiché, solitamente, l'amatore non dispone delle attrezzature necessarie per la pastorizzazione, può facilmente incorrere in rischi di inquinamento; se però avrà cura di operare con metodo e pulizia, sarà ugualmente in grado di ottenere risultati più che soddisfacenti.

Se per l'hobbysta è pressoché impossibile la pastorizzazione, altrettanto non si può dire della sterilizzazione.

Sono già numerosi infatti gli appassionati che dispongono di piccole autoclavi o di forni a secco, dove vanno a sterilizzare piccole quantità di substrato entro sacchetti di plastica termo-resistente. Il sacchetto viene poi aperto in luoghi estremamente puliti (possibilmente in cappa sterile), vi si inocula un po' di micelio per poi richiuderlo immediatamente immediatamente avendo cura di inserire nella bocca d'apertura un tappo-filtro, sterilizzato assieme al composto, che permetta al substrato inoculato leggeri scambi gassosi con l'esterno.
Sacchetti di substrato come quelli descritti, possono essere sterilizzati, uno per volta, in comuni pentole a vapore da cucina.
Substrato sterile può inoltre essere preparato a "bagnomaria" entro i vasi di vetro in cui si preparano frutta sciroppata e conserve.

Funghi Pioppini

Fungo Pioppino
Il Pioppino (Pholiota aegerita) : ottimo e ricercato con colorazione variabile ocra-nocciola scuro in funzione della intensità di luce. Emerge a piccoli cespi o in forma isolata.
Resistenza alle temperature minime discreta
Resistenza ai rialzi termici buona
Colore ocra-nocciola
Pezzatura media
Produttività buona
Precocità a 18-22° e ad umidità relativa 70-90% circa circa 20-25 gg.
Periodo di coltivazione ottimale autunno-primavera
Resistenza: questo fungo presenta buona resistenza alle avversità, ottima resistenza ai rialzi termici
Ambiente di Coltivazione: la coltivazione va fatta in apposite serre fungaie

evidenziati in giallo i mesi consigliati
da 000 a 300 m sul livello del mare
G F M A M G L A S O N D
da 300 a 700 m sul livello del mare
G F M A M G L A S O N D
da 700 a 1000 m sul livello del mare
G F M A M G L A S O N D
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Funghi Shiitake

Fungo Shiitake
Lo Shiitake (Lentinus edodes) è particolarmente ricercato per il suo ottimo aroma.
E' comunemente ritenuto "elisir di lunga vita" per i suoi innumerevoli effeti farmacologici, quali la prevenzione o il trattamento di emorragie cerebrali e la regolazione della circolazione capillare. Contiene vari polisaccaridi con azione antitumorale; in particolare spicca il lentinano che è anche un potenziatore di fenomeni immunitari. Inoltre è attualmente oggetto di studio la sua proprietà anticolesterolo.
Resistenza alle temperature minime scarsa
Resistenza ai rialzi termici buona
Colore bruno-violaceo
Pezzatura medio-piccola
Produttività media
Precocità a 16-18° e ad umidità relativa 70-90% circa 60 gg.
Periodo di coltivazione ottimale primavera inoltrata e inizio autunno
Resistenza: elevata alla Batteriosi, al Trichoderma viride e al Dactylium dendroides
Ambiente di Coltivazione: la coltivazione va fatta in apposite serre fungaie
evidenziati in giallo i mesi consigliati
da 000 a 300 m sul livello del mare
G F M A M G L A S O N D
da 300 a 700 m sul livello del mare
G F M A M G L A S O N D
da 700 a 1000 m sul livello del mare
G F M A M G L A S O N D
Altri Ceppi

Coltivare funghi pioppini


Si chiamano indifferentemente
nel linguaggio comune: pioppini o piopparelli, e siamo in presenza della medesima specie: Pholiota aegerita. Anche se gli alberi prediletti da questi  funghi sono i pioppi, meglio se vecchi, non disdegnano di nascere anche su altri tipi di piante come gli olmi, le querce, i salici, ecc.
Sono anch’essi funghi parassiti-saprofiti spontanei, ma che si utilizzano bene nella coltivazione artificiale su tronchi di latifoglie, come il pioppo od altre piante con caratteristiche simili.
Una curiosità: questi funghi a differenza di altre specie parassite nascono prevalentemente nella parte alta del tronco, invece che alla base di esso.

Descrizione

Il cappello da giovani si presenta color bruno ma, gradualmente, il colore tende a divenire color nocciola nell’intera superficie, tranne il centro che continua a rimanere lievemente più scuro. Il gambo è piuttosto alto, flessuoso e fibroso, le lamelle sono bianco-beige con tendenza a diventare più scure negli esemplari adulti. Si riproducono nella stagione primaverile proseguendo fino all’autunno, purché la temperatura si stabilizzi intorno ai 20° C e le piogge siano frequenti.
Hanno carne tenera nel cappello, ed un profumo assai gradevole sia allo stato fresco che dopo la cottura, avvertibile anche a distanza, ma i gambi è meglio scartarli. Da preferire, ad ogni modo, gli esemplari di dimensioni più piccole per meglio utilizzarli e conservarli.

Anche nei tempi antichi venivano coltivati
Greci e Romani li coltivavano, anche se le loro conoscenze scientifiche riguardo alla riproduzione dei funghi erano estremamente scarse, essendo sconosciute le spore e la loro specifica funzione nel processo riproduttivo. Si limitavano a spargere segatura di pioppo sul terreno in notevole quantità.
Dopo che le piogge l’avevano fortemente inumidita da essa spuntavano simpatici funghetti, magari in quantità limitata, i pioppini.

Pochi, ma buoni
Il profumo e il buon sapore di questi funghi, per la verità poco abbondanti in natura, nei mercati e poco noti, ci invitano, invece, ad avvicinarli per preparare più frequentemente con essi gustose ricette (pioppini all’olio, sughi per la pasta, o comunque variamente preparati).
Sono inoltre leggeri e facilmente digeribili come le altre specie coltivate precedentemente descritte.