POTATURA

POTATURA

i modi migliori per potare le tue pianteLa potatura comprende numerose operazioni che vengono eseguite direttamente sullo scheletro o sulla chioma delle piante arboree per regolare la loro naturale capacità vegetativa e produttiva e conseguire il massimo rendimento economico.
Per le piante da frutto la potatura è più impegnativa e complessa che per quelle ornamentali o da legno; essa tende infatti a raggiungere i seguenti obiettivi:
accelerare lo sviluppo dei giovani alberi in modo da raggiungere, entro il più breve tempo possibile, il completamento della struttura scheletrica e il superamento della fase improduttiva;
regolare l'equilibrio tra attività vegetativa e produttiva degli alberi adulti, in modo da rendere costante la fruttificazione, migliorare la qualità del prodotto e massimizzare la resa;
consentire una più agevole ed economica esecuzione degli interventi colturali.
Per raggiungere questi obiettivi è indispensabile che gli alberi si trovino in condizioni fisiologiche tali da reagire tempestivamente e adeguatamente ai vari interventi di potatura; non meno importanti di questa sono perciò lecondizioni ambientali favorevoli, la predisposizione genetica delle piante e i criteri di fcrtilizzazione seguiti

Principali operazioni di potatura

SCACCHIATURA: questa operazione consiste nell'asportare completamente i getti che derivano dallo sviluppo di gemme a legno situate in posizioni non udii all'economia generale della potatura. Essa viene generalmente applicata alle piante in allevamento.
CIMATURA: questo intervento di potaturaverde consiste Dell'asportare l'apice dei germogli. L'operazione è molto delicata, avendo per oggetto organi in via di accrescimento e quindi fisiologicamente molto reattivi.
Le conseguenze della cimatura sono diverse a seconda del momento in cui viene eseguita: la cimatura praticata precocemente su germogli vigorosi, quando il loro sviluppo è più intenso, provoca un arresto temporaneo della vegetazione, sopprime la dominanza apicale e induce lo sviluppo dei rami anticipati.
Nei vigneti la cimatura viene spesso praticata per limitare lo sviluppo dei tralci che, accrescendosi eccessivamente, possono, con il loro portamento scandente, invadere gli interfilari e intralciare la periodici esecuzione delle operazioni colturali.
Nel caso poi della raccolta meccanica la cimatura dei germogli uviferi è utile per agevolare e migliorare !a qualità del lavoro delle vendemmiatrìci.Questo tipo di intervento deve essere però eseguito tardivamente, quando cioè non da più luogo alla formazione di germogli anticipati e quando la eliminazione delle foglie non pregiudica più la nutrizione dei grappoli o la costituzione delle riserve.
DECORTICAZIONE ANULARE : questa operazione consiste nell'asportare dal tronco, dalle branche o dai rami molto vigorosi un anello di corteccia alto qualche millimetro, allo scopo di arrestare il deflusso della linfa elaborata che cosi rimane a disposizione delle gemme, dei fiori e dei frutti presenti al di sopra del punto decorticato.
La decorticazione anulare sì esegue quanto prima possibile a partire dal momento in cui le branche o il fusto sono «in succhio», cioè da quando il cambio entra in attività.
La decorticazione anulare può essere vantaggiosa per le piante molto vigorose in cui si vuole favorire la differenziazione a fiore delle gemme, l'allegagione dei fiori e l'ingrossamento dei frutti. Occorre tuttavia non abusare di questa operazione per evitare un rapido esaurimento delle branche trattate e danni indiretti all'intero albera.
La decorticazione anulare è anche occasionalmente applicata per sfruttare al massimo branche destinate a essere successivamente asportate in quanto male posizionate o soprannumerarie.
Per rendere meno drastici gli effetti negativi di questa operazione si può ricorrere alla incisione anulare che consente una più rapida ricostituzione del sistema conduttore iloematicn.
INCISIONI LONGITUDINALI : questo intervento consiste nell'eseguire lunghi tagli longitudinali nella corteccia del fusto e delle branche allo scopo di ridurre la tensione dei tessuti che consegue all'accrescimento diametrale di tali organi, favorendo cosi il loro sviluppo.
In realtà l'intervento, anche se provoca spesso un'immediata contrazione della corteccia lungo le incisioni, non determina poi alcun sostanziale aumento in spessore degli organi trattati, per cui non corrisponde alle aspettative che ne giustificherebbero l'esecuzione.
DIRADAMENTO DEI FRUTTI: questa operazione viene eseguita quando, specialmente in certe annate, la càscola fisiologica non è di per sé sufficiente ad assicurare il raggiungimento di un'adeguata pezzatura dei Frutti e, al tempo stesso, una regalare produzione nell'anno successivo. Quando infatti la fruttificazione è in eccesso, l'accrescimento dei rami e la loro slessa lignificazione risultano Compromessi, così come ridotta è la differenziazione a fiore delle gemme. Il diradamento costituisce una pratica abituale per il pesco e i susini cino-giàpponesi, abbastanza frequente per l'albicocco, il melo e il mandarino.
L'intervento deve essere tempestivo: se esso e eseguito troppo precocemenle risulta molto efficace ma anche più laborioso e più rischioso, non potendosi ancora valutare, con sufficiente approssimazione, ['entità della càscola naturale; se è eseguito troppo (ardì può portare a una minore produzione e a una pezzatura dei frutti non soddisfacente Per quanto riguarda l'intensità del diradamento, si deve, in sostanza, valutare preventivamente il potenziale produttivo della pianta e rapportare a questo il numero dei frutti da mantenere sull'albero.
In pratica non esiste un parametro oggettivamente valido per le varie ed eterogenee condizioni biologiche e colturali nelle quali si deve operare. Il criterio dì riferire il numero dei frutti che, dopo il diradamento, devono rimanere su una branca al numero delle foglie o alla reciproca di-stanza lungo i rami presenta molti punti di indeterminatezza che potrebbero essere meglio corretti se l'operazione potesse venire eseguita in più riprese.
Circa la scelta dei frutti da asportare, nelle drupacee si sopprìmono, in primo luogo, quelli eventualmente inseriti a coppia sugli stessi nodi passando poi a operare lungo i rami; nel melo si tende a lasciare un solo frutto per ciascuna lamburda.
II diradamento è un intervento molto selettivo e deve essere quindi eseguito preferibilmente a mano; tuttavia esso richiede una notevole quantità dì lavoro (per il pesco da 100 a 200 ore/ettaro) ed è quindi economicamente molto oneroso. Questo fatto ha stimolato la ricerca di soluzioni alternative quali il diradamento chimico e quello meccanico.
SFOGLIATURA: questo intervento consiste nell'asporlare parte delle foglie per favorire l'insolazione e l'arieggiamento dei frutti prossimi alla maturazione; quando è applicata nel vigneto è detta anche spampinaturti.
In generale la sfogliatura eseguita in epoca appropriata migliora l'aspetto del prodotto; se invece e eseguita troppo precocemente è dannosa per la fruttificazione in atto e per la differenziazione a fiore delle gemme.
Nel caso della vendemmia meccanica, la sfogliatura può agevolare il distacco degli acini e ridurre le perdile.
TORSIONE: questo intervento consiste nel sottoporre i germogli eccessivamente vigorosi a flessione e a parziale rotazione sul loro asse per indebolirli .
INFRANGIMENTO: questa operazione consiste nell'incrinare un germoglio o un ramò lasciando attaccata e pendente la sua porzione distale . Si tratta, in definitiva, di una operazione meno drastica di un taglio di raccorciamento.
RACCORCIAMENTO E SOPPRESSIONE DEI RAMI: queste due operazioni vengono generalmente eseguite durante il periodo invernale. Esse consistono nell'asportazione della parte distale dei rami (raccorciamento) o nella totale asportazione di questi con un taglio alla base (soppressione), se il raccorciamento è limitato al solo tratto apicale dei rami viene detto spuntatura; se il taglio è praticato invece nel tratto prossi-
male. al di sopra, di 2-3 gemme, si parla allora di speronatura.
In rapporto all'intensità e alle modalità con cui vengono compiuti gli interventi cesorì la potatura si distingue in: ricca, quando comporta I' asportazione di uno scarso numero di gemme; povera, quando le gemme asportate sono numerose per cui sulle piante ne rimane una quantità limitata; lunga, quando i rami sono appena spuntati; caria, quando sono speronati; mista, quando, come generalmente avviene, gli interventi di spuntatura sono associati a interventi di spe-ronatura e di diradamento dei rami. In pratica, poi, la potatura può essere corta e povera, corta e ricca, lunga e povera, lunga e ricca .
Nelle piante acrotone (che tendono cioè a sviluppare la parte alta della chioma e quella finale dei rami), il raccorciamento sposta il gradiente vegetativo verso la base dei rami, facendo sviluppare anche quelle gemme che altrimenti rimarrebbero quiescenti. Nelle piante basitone, il raccorciamento accentua invece la naturale tendenza al prevalente sviluppo dei germogli basali.
Il raccorcia mento dei rami è più selettivo del diradamento, ma comporta tempi di lavoro relativamente più elevati.
Con il raccorciamento e con il diradamento dei rami si ottiene una riduzione dei «punti di accrescimento» (gemme a legno) complessivamente esistenti sulla pianta; nei due casi gli effetti sono diversi anche quando il numero delle gemme superstiti è uguale: nel caso del diradamento dei rami i germogli sono singolarmente meno sviluppati di quelli die si formano sui rami raccorciati ma lo sviluppo complessivo dei germogli emessi dai rami superstiti è maggiore.
Nelle piante deboli o senescenti il raecorcia-rnento drastico dei rami consente di ottenere un maggiore rigoglio vegetativo.
Nella potatura degli alberi adulti il raccorciamelo o il diradamento dei rami hanno fondamentalmente lo scopo di proporzionare il numero delle gemme a frutto (normalmente esuberanti) alla capacità produttiva delle piante.
Circa le modalità operative, l'esperienza acquisita con la potatura meccanica (che non può eseguire tagli netti e precisi), ha dimostrato la inconsistenza della raccomandazione di eseguire interventi cesori obliqui subito sopra l'inserzione di una gemma. Sui rami la cicatrizzazione dei tagli non presenta in genere problemi


GLI ERRORI PIU' COMUNI NELLA POTATURA DI ALBERI, ARBUSTI E PIANTE DA FRUTTO
UN ERRORE DI INTERPRETAZIONE
Dopo avere fatto potare in modo drastico un paio di tigli, un carpino e (orrore) un Cedrus atlantica, uno dei miei vicini, fiero, mi dice: "Ha visto che bel lavoro, dottore? Una bella tosata ci voleva proprio!" Cerco educatamente di spiegare che la "capitozzatura" non è il metodo migliore per risanare una pianta, ottenendo in cambio uno sguardo dubbioso.
Il mio vicino è in buona compagnia. L'Italia è il paese europeo (a giudicare dal paesaggio) dove si taglia e pota nella più totale disinvoltura. E il cattivo esempio è dato dagli enti pubblici. Un'indagine condotta su numerosi comuni della provincia di Brescia pochi anni orsono, aveva certificato come la quasi totalità dei lavori di giardinaggio appaltati fosse stata concessa a ditte prive di qualifica professionale. I risultati si vedono: ovunque capitozzature indiscriminate, e tagli a macchina distruttivi. Una capitozzatura infatti richiede mezz'ora, contro le due o tre ore richieste da un taglio ragionato. E una pianta potata "a sgamollo" (tipo palo della luce) diventa subito altissima, e consente di prendere appalti che chiedono piante di 3-4 m, con piante giovanissime. Quanti clienti sono disposti a pagare di più per un taglio più corretto? Alla fine tutti pensano che più si pota e migliore è il lavoro, senza capire che invece è l'esatto contrario. E' un errore di interpretazione grave, dovuto alla cattiva abitudine di interpellare chiunque su problemi di giardinaggio, dando a tutte le risposte lo stesso peso. Se si ha un braccio rotto, si chiama il medico. Ma se c'è da potare, spesso il parere dell'amico vale più di quello dell'agronomo.
COME OGNI PIANTA RISPONDE ALLA POTATURA
Ciò che viene sempre ignorato, è che le piante rispondono alla potatura con getti forti e vigorosi, ma innaturali e squilibrati. Perchè, mentre una leggera potatura "naturale" (dovuta a insetti, malattie, morsi di animali, urti, vento) fa parte delle abitudini di ogni pianta, la potatura forte induce invece il vegetale ad avere più getti. Perché se un ramo è stato mangiato o danneggiato, ne verranno prodotti due o tre per meglio rispondere all'offesa. Inoltre la pianta capitozzata, con lo stesso apparato radicale che reggeva l'intera chioma, nutrirà solo pochi getti nuovi. Che saranno perciò vigorosissimi, e diventeranno, con tutta probabilità alti e lunghi, ma probabilmente non fioriferi o fruttiferi. Quando si pota, poi, si altera la cosiddetta "dominanza apicale", cioè quel fenomeno che tiene in parziale dormienza le gemme più basse, a vantaggio di quella più in alto. Tagliando la gemma dominante, l'inibizione cessa, e tutte le gemme sottostanti ritornano in attività, creando talvolta orrori vegetali, come pini e abeti cornuti, "scopazzi" e simili. Ma non finisce qui. Il sole, infatti, attraverso la fotoinibizione delle auxine (i più importanti ormoni di crescita vegetali), regola lunghezza e robustezza dei getti, facendoli crescere verso la luce. Immaginiamo cosa può succedere dopo un taglio indiscriminato.
Quando si osserva il paesaggio verde umanizzato, viene tristezza. E si ha voglia di credere a Masanobu Fukuoka, agronomo giapponese "naturale", quando sostiene che la crescita delle piante da seme, senza alcun intervento umano, è perfetta. Infatti ha constatato la ripetizione di angoli di crescita ripetitivi, e di altri splendidi accorgimenti, che permettono la massima intercettazione della luce. Dove l'uomo mette mano, ecco rami intrecciati, succhioni, scope, rami filati: che costringono a rimettere mano. Perché allora si pota?
Perché per esempio le piante innestate (da frutta e ornamentali) sono state tutte già "violentate", e richiedono una regolazione umana. Perché si vuole contenere uno sviluppo eccessivo (potatura verde). Per favorire la fioritura o la fruttificazione. Per fare dei bonsai. Per favorire l'attecchimento di un trapianto, riducendo la traspirazione fogliare. Per fare riprendere vigore a piante vecchie e indebolite. Per regolare una siepe. Per ripulire da rami morti o irregolari. Per aggiustare gli squilibri derivanti da potature precedenti. Ci sono mille validi motivi per potare, sapendo come fare. Sempre però rispettando l'armonia e lo sviluppo della pianta. Mai, sicuramente, dando "una bella tosata".
ALBERI, CHE DISASTRO
Basta guardarsi in giro per mettersi le mani nei capelli. La maggior parte delle piante d'alto fusto non richiederebbe mai potatura per l'intera vita, se si eccettua qualche periodico intervento di pulizia dal secco. Eppure qua e là è tutto un potare, e sguardi di disprezzo vengono dispensati a chi si sottrae all'annuale obbligo "condominiale". Un buon progettista di giardini dovrebbe prestare molta attenzione all'occupazione futura di spazio di un albero. Si potrebbero così prevenire molti espianti e potature dovuti all'esuberanza del verde. Piante di alto fusto come i Cedrus (atlantica e deodara), pini e abeti, ippocastani, tigli, aceri, acacie, non possono essere piantati in giardini di 80 mq. Eppure c'è ancora chi li mette nelle fioriere. Dopo, ovviamente, è tutto un tagliare ed espiantare. Chi progetta deve prevedere i diametri di crescita finale delle chiome, e se non c'è spazio deve convincere il cliente a rinunciare a qualche pianta. Il buon progetto si vede negli anni, e non in trenta giorni.
Le conifere non si devono mai potare, se non per pulire il secco. Eppure in giro si osservano decine di Cedrus a cui è stata tagliata la punta. Il risultato è un bel mozzicone spoglio in alto, accompagnato da tanti bei mozziconi laterali. Un albero capitozzato richiede poi due o tre anni di lavoro per essere riportato alla normalità, perché i lunghi getti disordinati che emetterà, dovranno essere "indeboliti" più volte con tagli mirati sia di potatura verde che invernali. E con un potatore molto abile.
Come sempre è molto più facile distruggere che costruire. Come ci ricorda una scritta all'ingresso del "parco della preistoria" di Rivolta d'Adda: un albero può dare un milione di fiammiferi, ma un solo fiammifero può distruggere un milione di alberi.
PIANTE DA FRUTTA E ARBUSTI DA FIORE
In giardino però, dove la natura è più antropizzata, potare è necessario. Le piante da frutto devono infatti essere impostate, quando sono giovani, con la potatura di formazione. Che sfrutta proprio la caratteristica del rigetto multiplo nei punti di taglio, per formare dei palchi sovrapposti. La potatura di produzione è invece quella che consente di massimizzare la produzione di frutta sui rami. Ciò che non tutti sanno, è che nelle piante che fanno frutta sui rami più vecchi (ciliegio, melo, pero, ma anche pesco e albicocco) la potatura deve essere limitata, se non si vogliono perdere frutti. Sul ciliegio inoltre, che è molto sensibile alle gommosi, occorre veramente risparmiare la forbice. Sulle piante che al contrario producono su rami dell'anno (vite, kiwi) la potatura deve essere drastica.
Analogo principio vale per gli arbusti da fiore: ortensia, Forsythia, Azalea, Kerria, Weigela, Prunus, fanno fiori su rami vecchi o dell'anno precedente, e vanno perciò potati con attenzione. Mentre rose, Buddleia, Fuchsia devono essere potate basse in inverno, se si vogliono avere rigogliose fioriture. L'ortensia invece viene regolarmente potata in tutti i giardini, molto più di quanto le sarebbe necessario. Salvo poi lamentarsi perché ha fatto pochi fiori, e piccoli (tipici dei rami giovani). La Forsythia, che richiede un bel taglio subito dopo la fioritura di Febbraio-Marzo (che le consente lo sviluppo durante tutta la stagione dei nuovi rami destinati a fiorire l'anno successivo), viene invece spessissimo potata in inverno. Perdendo così il 90% della sua splendida fioritura. Non vanno toccati in inverno nemmeno rododendri e azalee, se non si vogliono sacrificare tutti i boccioli preparati nell'anno precedente. Una rosa non potata, invece, diventerà sempre più allungata, e porterà fiori su rami sempre più alti, fino ad indebolirsi e a fiorire meno. In pratica, deve potare solo chi sa come e quando fare.
Sulla rosa (e su altre piante a potatura invernale) c'è anche discussione sul taglio a Novembre o a Febbraio. Chi pota presto, avrà tagli perfettamente cicatrizzati. Chi pota tardi avrà invece la possibilità di scegliere i rami migliori dopo i geli invernali. Entrambe opinioni rispettabili, che rendono superata la divisione in due "partiti" assolutisti.
Infine le siepi. Se si vuole che il lauroceraso sia folto e verde, il taglio dovrà essere frequente e leggero, sia in alto che in "pancia". Possibilmente privilegiando nuove gemme dominanti rivolte verso l'interno della siepe. Così facendo la crescita sarà più ordinata e si renderanno necessari tagli di entità sempre minore. Quando si riduce invece l'altezza della siepe di un metro, è logico aspettarsi getti forti e vigorosi. Ma su una base di tronchetti spogli, in quanto coperti alla luce dalle fronde più esterne. Perciò occorre tagliare ancora, per aggiustare i danni procurati. A fine stagione, inoltre, si deve tagliare lasciando il tempo alla pianta di fare dei piccoli rigetti. In tal modo la siepe sarà più elegante, e non presenterà il legno nudo tipico dei tagli di Ottobre-Novembre. Poche regole ma da non trascurare.
UN PO' DI TECNICA NON GUASTA
Quand'anche il neofita impari a potare al momento giusto e nella misura corretta, può comunque commettere gravi errori. Per esempio errori di tecnica di taglio, che sono frequentissimi. Il taglio infatti deve essere: pulito, obliquo, e vicino a una gemma o a un nodo. Quanti tagli slabbrati, strappati, scortecciati, che mi capita invece di vedere in giro. E quanti orizzontali, che possono creare microristagni d'acqua con conseguenti infezioni fungine. I tagli lontani da gemme o nodi, poi, generano antiestetici mozziconi legnosi, che la pianta stessa deve in seguito escludere dal passaggio linfatico, e difendere da saprofiti e parassiti. Forbici affilate e un po' di attenzione rendono lunga la vita della pianta.
PARLARE SOTTOVOCE
Chi vede una pianta sofferente, non sempre ne cerca la causa. Più spesso invece impugna forbice e seghetto, riducendo l'arbusto (sia esso un Ficus benjamina o un rododendro) a un mozzicone. Ma è una pia illusione credere che il vigore donato dalla potatura possa salvare la pianta. Se non si risolve il problema, potrà solo peggiorare. Per molti, purtroppo, è più difficile fermarsi a pensare un minuto, che non afferrare il forbicione e fare piazza pulita.
Chi non conosce le caratteristiche di un albero è pieno di illogiche paure: cadrà, danneggerà la casa, si ammalerà, romperà il selciato, sfonderà le cantine, sporcherà con le foglie, intaserà le grondaie, toglierà la luce, attirerà topi, insetti e uccelli, darà fastidio all'automobile. E sarà pertanto indotto a tagliare il più possibile, causando di contro guasti e disordine. Per una volta, facciamo funzionare il cervello e "diamoci un taglio".
Mio padre Luigi Oreste, medico psicosomatico e ricercatore, usava dire "Se si vuole ottenere qualche risultato, alle cellule (e agli organismi viventi) bisogna parlare sottovoce". La prossima volta che impugneremo un paio di forbici, proviamo a ricordarcelo.
LA POTATURA DELLE PIANTE DA FRUTTO


CENNI DI FISIOLOGIA DELLE PIANTE DA FRUTTO

I tessuti vegetali e la loro funzione
Nutrizione, assorbimento e trasporto nei vasi
Gemme a legno e gemme a fiore
Formazione delle gemme e dei frutti
Impollinazione e fecondazione
Sviluppo e forma della pianta
La cicatrizzazione dei tessuti


CRITERI GENERALI DI POTATURA

Che cos'è la potatura: regolazione dell'equilibrio vegetativo e produttivo
Perchè potare: potatura di formazione, di produzione, di rinnovo, curativa, topiaria
Risposta delle piante al taglio. La dominanza apicale (ormonale)
Gemme a legno, a fiore e miste, latenti, pronte, avventizie
Rami di un anno, dardi, lamburde, brindilli, polloni, succhioni, femminelle...
Influenza tecniche agronomiche su vigore, pezzatura, forma
Metodologia corretta per il taglio sopragemma
Cicatrizzazione dei tessuti
Epoca corretta di potatura
Piante selvatiche e piante innestate


POTATURA DELLE SINGOLE SPECIE

Potatura di produzione di:
Melo
Pero
Albicocco
Susino
Ciliegio dolce
Pesco
Vite
Actinidia
Fico
Kako (Dyospiros kaki)
Agrumi
Nespolo del Giappone
Cenni su Noce, nocciolo, mandorlo, melograno, piccoli frutti, ulivo

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RAMI FRUTTIFERI DEI PIU' COMUNI ALBERI DA FRUTTO


MELO (Malus communis) e PERO (Pirus malus): Producono su lamburde e brindilli, che si formano su branche di 2 o più anni. Potatura solo per rinnovo e svecchiamento. Per il pero, necessitano raccorciamenti alle branche più alte.

ALBICOCCO (Prunus armeniaca): Produce sui dardi da adulto, e sui rami di un anno da giovane. Va perciò potato maggiormente da giovane, e molto meno da adulto (solo periodico rinnovamento dardi). Soffre eccessivi tagli.

PESCO (Prunus persica): Produce sui rami di un anno grossi frutti, perciò vuole una energica potatura per rinnovare i rami, e conferire loro vigore. Si asporta fino al 50%.

SUSINO (Prunus domestica): Due tipi: europeo (maturazione a fine estate) e giapponese (giugno-luglio). Producono entrambi su dardi e brindilli di 1-8 anni. Il primo è di bassa fertilità, e va perciò potato poco (solo diradato). Il giapponese invece (fertilissimo) va potato energicamente per equilibrare verde e frutta. Sopporta bene la potatura.

CILIEGIO (Prunus avium): Produce sui dardi, che si rinnovano spontaneamente per molti anni, fornendo un'attitudine produttiva costante nel tempo. Non deve mai essere potato, essendo oltretutto sensibile alla gommosi. Il ciliegio acido, o amareno, produce su dardi di 1-2 anni, e va perciò potato in modo moderato per rinnovarli periodicamente.

MANDORLO (Prunus amygdalus): Molte varietà, tutte incrociate. Tende a produrre ogni due anni. Va bilanciato. Togliere i succhioni ed accorciare i rami alti.

KAKI: (Dyospiros kaki): Fruttifica su rami dell'anno e su brindilli. Può perciò essere potato sia molto che poco. Va privilegiata la robustezza dei rami, per sorreggere il peso dei frutti.

FICO (Ficus carica): Vi sono varietà unifore e bifore, che fruttificano solo a Settembre, oppure a Giugno (fioroni) e a Settembre. I fioroni nascono da gemme apicali dell'anno precedente, mentre i settembrini provengono da rami dell'anno. Si può potare poco o molto (sacrificando i fioroni)

NESPOLO (Eriobotrya japonica): Va potato pochissimo (solo sfoltimento) perchè produce sugli apici dei rami.

AGRUMI (Citrus spp.): Producono su rami di due anni dopo la stasi invernale. Devono solo essere diradati perchè hanno attitudine a ramificare e ad affastellare i rami (mandarino, arancio e limone, in modo decrescente). Vanno ripuliti i succhioni.

VITE (Vitis vinifera): Produce sui tralci nati da gemme miste dell'anno precedente (tralcio = ramo dell'anno). Si preservano perciò poche gemme da tralci robusti e ben lignificati, predisponendo anche una o due gemme per i tralci di sostituzione. Dopo la raccolta si pota tutto, lasciando 4-5 gemme/mq. Va potata presto, perchè se tardiva provoca il pianto della vite alla ripresa vegetativa (non ha tempo di fare il callo).

KIWI (Actinidia chinensis): Produce sulle prime 3-4 gemme dei tralci dell'anno (simile alla vite). Si lasciano (dopo la potatura di formazione) 4-6 gemme, di cui le ultime produrranno tralci a frutto. Ogni 3-4 anni si rinnova tutto. E' pianta vigorosissima che deve essere potata molto, talvolta anche in stagione. Pianta dioica: il maschio va potato poco per ritardare di alcuni giorni la messa a fiore, in quanto di solito fiorisce prima della femmina.

MELOGRANO (Punica granatum): Ha forma naturale di cespuglio, e tende ad affastellare piccoli rami esili. Cresce lentamente. Si pota a vaso, togliendo polloni e rami bassi. E' bene scegliere pochi rami robusti.

ULIVO (Olea europaea): Produce sui rami di un anno. Vanno perciò raccorciati energicamente. Si taglia fino a lasciare una gemma robusta che sostenga il nuovo ramo. Se non c'è, meglio tagliare alla base. Va ripulito da succhioni e polloni. Si pota in inverno dopo il raccolto.

NOCE (Juglans regia): Tende ad innalzarsi molto. Non va potato, se non per fargli fare l'impalcatura. Fatica a cicatrizzare, perciò va tagliato poco.

NOCCIOLO (Corylus avellana): Pianta monoica arbustiva. Va pulito il ceppo periodicamente per ringiovanire la pianta. Vanno lasciati non più di 8-10 rami.

PICCOLI FRUTTI: Ribes rosso e nero, e uva spina (Ribes spp.) producono sui rami di un anno e su lamburde basse. Si potano perciò a poche gemme i rametti di prolungamento.
Lampone (Rubus idaeus) e mora di rovo (Rubus fruticosus) hanno invece ciclo biennale, che dà un anno rami a legno, e l'anno successivo gemme a fiore (sugli stessi rami). Devono perciò essere potati interamente dopo la fruttificazione, garantendo però un adeguato ricambio di rami nuovi. Il rovo, che fa rami lunghissimi, va potato pesantemente.

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Potatura


- Riequilibra sviluppo vegetativo e produttivo
- Spinge la pianta a fiorire fin dalla sua età giovanile
- Normalizza la produzione
- Migliora la ripartizione dei succhi nutritivi
- Imprime e conserva una forma determinata per:
- consentire una migliore esecuzione delle pratiche colturali
- liberare spazi o zone di passaggio
- offrire luce al prato
- ecc.
- Ringiovanisce la chioma di piante deperite
- Mantiene la forma "obbligata"

Ma può anche.....

- Provocare perdita della fioritura
- Ridurre o alterare la fruttificazione
- Aumentare il rischio di patologie fungine
- Favorire la formazione di "scopazzi"
- Danneggiare corteccia e fusto con scosciature, slabbrature ecc.
- Alterare per sempre la forma naturale della pianta


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Emissione di fiori e frutti su:

Rami di un anno

- Forsythia
- Magnolia
- Mahonia
- Camelia
- Gelsomino
- Ortensia
- Azalea
- Rododendro
- Philadelphus
- Weigelia
- Prunus e Malus da fiore
- Oleandro

@ Rami dell’anno

- Rosa
- Hibiscus
- Lagerstroemia
- Fuchsia
- Abelia
- Potentilla
- Spiraea arguta
- Buddleia
- Santolina
- Tamerice