La coltura del ciliegio

La coltura del ciliegio ha la sua principale difficoltà di coltivazione nella dimensione delle piante.
Sia in Italia che nell’ambito europeo, la domanda di ciliegie è elevata e le possibilità di consumo non sono totalmente soddisfatte soprattutto a causa degli elevati costi di produzione e quindi di commercializzazione.
Durante gli anni ‘80, in particolare, la ricerca si è impegnata maggiormente per trovare soluzioni, con la costituzione di portinnesti a scarsa o media vigoria, e di varietà "compatte" e con la messa a punto di idonee forme di allevamento.
Le recenti introduzioni di varietà autofertili a frutto di maggior calibro sta operando un rilancio della cerasicoltura nelle zone tradizionali e suscita interesse in altre zone frutticole.
La meccanizzazione della raccolta anche per i frutti destinati al consumo fresco non trova purtroppo il consenso del consumatore anche per la mancanza di sensibilizzazione degli operatori commerciali che non si adoperano per presentare i frutti quasi sempre senza picciolo in confezioni "accattivanti".

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Clima
Il ciliegio trova ampio adattamento alle condizioni temperato-calde e temperato-fredde dell’Europa.
Vanno evitate le zone dove sono frequenti le piogge prolungate nel periodo di fioritura perché ne ostacolano l’allegagione, e durante la maturazione dei frutti perchè ne provocano la spaccatura.
 
Terreno
I migliori terreni sono quelli di medio impasto o tendenzialmente sciolti, anche di carattere argilloso, purché perfettamente drenati.
L’uso di portinnesti diversi dai tradizionali "franco" e "malebbo" da seme, consente l’adattamento a terreni anche di altro tipo.
Evitare il ristoppio del ciliegio; se non si può occorre utilizzare portinnesti resistenti alla stanchezza: Colt®, GM 61/1 DAMIL®. Pulire bene dai residui di radici della precedente coltura arborea, specialmente se di vite, per evitare il proliferarsi di marciumi.
La preparazione comporta una lavorazione profonda, con ripuntatore, nel caso di terreno che presenti uno strato impermeabile, normale se terreno ben aerato, con la quale si interra la sostanza organica (200-400 q/ha di letame o altri composti organici) e i concimi minerali in quantità variabile in relazione alla disponibilità naturale riscontrata con le analisi: indicativamente può essere di 200-400 Kg/ha di fosforo e 300-600 Kg/ha di potassio. Le analisi indicheranno la necessità di eventuali apporti di altri elementi risultati carenti.

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Sistemi di allevamento
Nei nuovi impianti occorre ricercare forme di allevamento tali da creare piante basse, che entrino presto in produzione e che mantengano una produttività costante. Il tipo di allevamento deve essere combinato con il portinnesto adeguato per favorire lo sviluppo desiderato.
Nel ciliegio, prevalgono nettamente le forme di allevamento in volume (vaso basso) mentre le forme in parete hanno una importanza secondaria.

 Vaso basso.
Generalmente si ottiene da astoni innestati provvisti o meno di rami anticipati, più raramente si innestano i selvatici messi a dimora un anno prima.
Nel caso dell’astone con rami, si mette a dimora intero, tagliando solo i rami troppo bassi o troppo alti. La scelta dei 3 o 4 rami che andranno a costituire le future branche, viene fatta a fine inverno speronando a 2-3 gemme gli altri.
Con astoni senza rami anticipati si taglia l’astone a 30-40 cm, subito dopo la messa a dimora, eliminando con scacchiature i primi germogli che si formano sotto al taglio e lasciando sviluppare quelli sottostanti, che avranno un angolo di inserzione più ampio, procedendo alla precoce selezione mediante cimatura di quelli superflui. Nel caso dell’innesto sul posto, con l’inizio della vegetazione, immediatamente dopo l’innestatura, si sceglie subito il germoglio più vigoroso fissandolo ad un sostegno per evitarne la rottura, eliminando gli altri; se durante la crescita il germoglio non forma dei rami anticipati, lo si spunta in maggio per favorirne l’emissione; se si formano tre o più rami anticipati a 30-40 cm da terra, a fine agosto, il germoglio principale si spunta pochi centimetri sopra l’ultimo ramo anticipato che interessa.
Durante il secondo anno, all’ingrossamento delle gemme si predispongono le canne alle quali fissare i 3 o 4 rami scelti, curando che l’inclinazione sia maggiore per quelli più vigorosi; all’inizio della vegetazione si sceglie il prolungamento delle branche preferendo un germoglio posto orizzontalmente o rivolto verso il basso e una prima sottobranca posta a 70-80 cm dall’inserzione della branca stessa, spuntando precocemente tutti i germogli concorrenti ed eliminando quelli in schiena.
Nei successivi anni si interviene a gemme ingrossate, per spuntare le branche principali al di sopra del ramo scelto l’anno prima quale prolungamento, limitando i tagli all’eliminazione dei succhioni o dei rami mal inseriti. Durante la vegetazione si favorirà lo sviluppo dei germogli prescelti, cimando quelli in concorrenza ed accorciando a 2 o 3 gemme solo i succhioni o i rami troppo vigorosi e mal inseriti, preferendo sempre la piegatura al taglio. Così operando si otterranno delle branche principali molto aperte con diverse sottobranche più o meno orizzontali e numerose branchette pronte per fruttificare.
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Palmetta.
Occorre fare una prima distinzione se si dispone di astoni provvisti di buoni rami anticipati o meno. Nel primo caso si lascia intatta la cima dell’astone, si scelgono due femminelle fra 60 e 80 cm da terra non contrapposte e più o meno nella direzione del filare, raccorciando le altre a pochi millimetri; durante l’estate si eliminano i germogli diretti verso l’interfilare e si fissano i due rami scelti al filo o a due canne; se l’astone sopra la prima impalcatura è ben rivestito di rami si procede alla scelta della seconda impalcatura a 100-120 cm dalla prima; se è invece piuttosto spoglio, a fine luglio si taglia l’astone stesso a 100-120 cm dal primo palco per favorirne il rivestimento fra la prima e la seconda impalcatura. Con astoni privi di rami anticipati si taglia a 60-80 cm da terra l’astone stesso scegliendo i tre germogli per il prolungamento e la prima impalcatura durante la vegetazione e cimando gli altri. Quando la freccia raggiunge la lunghezza si taglia per impostare la seconda impalcatura, come nel caso dell’astone lasciato intero.
Durante la seconda e la terza vegetazione si seguono gli stessi criteri per impostare le altre impalcature (3 o 4), eliminando precocemente i concorrenti dei tre rami scelti; gli altri rami che sviluppano fra le impalcature vanno inclinati o piegati, se molto vigorosi, o cimati per mantenere rivestito il fusto ed indurli a precoce messa a frutto.
A fine luglio si procede al taglio dell’astone per ottenere le altre impalcature a distanza progressivamente minore di quella fra la prima e la seconda.
Sempre durante l’estate si interviene per eliminare i succhioni ed i concorrenti dei rami scelti e quelli che provocano ombreggiamenti o affastellamenti di vegetazione. Ottenuta la formazione completa con buon equilibrio fra la parte bassa e quella alta con il fusto e le branche principali ben rivestiti di branchette secondarie predisposte alla produzione, la potatura consiste nell’eliminazione dei succhioni e dei rami che sviluppano sul dorso delle branche, da farsi molto precocemente, ed in tagli di ritorno sull’asse principale a 4-4,5 m da terra, da eseguirsi a fine agosto-settembre.
Durante la fase produttiva, sempre a fine estate, si procede al rinnovo delle branche fruttifere.


 Bandiera.
Si è diffusa in Francia ("drapeau") dove è stata adottata anche per altre specie, il pero in particolare.
Consiste nell’ottenere una forma a parete dove le piante hanno un fusto principale inclinato di 45° e diverse branche inclinate dalla parte opposta a 90° rispetto al fusto. Si ottiene con astoni ben sviluppati posti a dimora inclinati e non spuntati tenuti in posizione da pali e fili; nei primi anni, all’inizio della vegetazione, si scelgono i germogli distanti 70-80 cm tra loro lasciandoli crescere liberamente in posizione verticale mentre tutti gli altri si spuntano precocemente. Durante la fase di allevamento si adottano gli stessi criteri visti per la palmetta: alla ripresa vegetativa si interviene per scegliere le branche e le sottobranche cimando gli altri germogli e si inclinano le branche lasciate crescere la stagione precedente; a fine estate i tagli devono essere limitati al massimo e consistono nell’eliminazione dei concorrenti dell’astone e delle branche scelte, dei succhioni troppo vigorosi o mal disposti, quando non è possibile curvarli, e di quelli troppo sviluppati di traverso al filare. Raggiunta la forma e l’altezza sufficiente si eseguono tagli di ritorno sulla freccia. La potatura nella fase produttiva è simile a quella della palmetta, si esegue preferibilmente in primavera-estate puntando soprattutto su piegature, inclinazioni, spuntature e rinnovo dei rami fruttiferi.


Ipsilon trasversale.
È una forma adatta per impianti intensivi già vista per l’albicocco e molto applicata per il pesco; si ottiene tagliando l’astone innestato a 40-60 cm da terra e scegliendo, appena la pianta è entrata in vegetazione, due germogli che costituiranno le branche principali mentre tutti gli altri si cimano a due o tre foglie. Con l’aiuto di due canne fissate ad un filo posto a due metri da terra da ogni parte della fila, le due branche si inclinano a 40-50° e su queste si scelgono le branchette secondarie di sviluppo decrescente dal basso all’alto, operando sempre in primavera ed estate con cimature, piegature e riducendo al minimo i tagli (è possibile applicare la ripetuta cimatura a 2-3 foglie di tutti i germogli che sviluppano lungo le branche come per l’asse colonnare) così da favorire la precoce entrata in produzione. Raggiunta l’altezza desiderata, alla fine dell’estate, si esegue un taglio di ritorno.


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Vaso ritardato.
Sistema molto diffuso in Romagna per il pesco; si ottiene disponendo di astoni innestati provvisti di buoni rami anticipati; questi si mettono a dimora senza spuntarli scegliendo i 3 o 4 rami adatti e speronando gli altri. Nel corso dei primi anni si lascia vegetare liberamente cimando i germogli superflui e quelli vigorosi lungo l’astone, favorendo lo sviluppo delle branche che prenderanno naturalmente una posizione molto aperta per la permanenza dell’asse centrale; quest’ultimo viene asportato tagliandolo sopra le branche al 3° o 4° anno alla fine dell’estate. L’entrata in produzione viene un po’ ritardata, ma si evita il costo dei sostegni per l’inclinazione delle branche.

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Potatura di produzione
Tradizionalmente, dopo aver raggiunto la forma desiderata, la potatura nel ciliegio è pratica poco usuale a causa soprattutto dell’incertezza della produzione. L’introduzione di varietà autofertili, costantemente molto produttive, rende indispensabile intervenire ogni anno per regolare la produzione così da mantenere la qualità dei frutti e la giusta vigoria della pianta.
I tagli di ritorno, dei succhioni o dei rami debbono avvenire durante il periodo vegetativo per evitare l’emissione di gomma; la potatura in verde riduce lo sviluppo vegetativo, provoca una migliore induzione a fiore e favorisce la cicatrizzazione dei tagli. Qualora la vegetazione sia insufficiente, con germogli inferiori a 50 cm di lunghezza, oltre ad un’appropriata concimazione azotata, eseguire la potatura a fine inverno, con le gemme ancora ferme, per favorire un più ottimale sviluppo vegetativo.

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Distanze di impianto
Stante la relativa scarsa sperimentazione e la diversità di sviluppo impressa dai portinnesti nei differenti tipi di terreno, i dati riportati in tabella sono indicativi e si riferiscono ad una varietà autofertile innestata su franco (F), magaleppo (SL), Colt® (C), MA x MA Delbard® 14 e Gisela 5 (MM).

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Scelta del portinnesto
Numerose istituzioni sperimentali pubbliche e private si sono adoperate nella creazione di nuovi portinnesti per il ciliegio ricorrendo spesso all’ibridazione interspecifica.
Gli obiettivi perseguiti dai diversi programmi di miglioramento sono :
– la riduzione della mole delle piante;
– l’anticipo dell’inizio della produzione;
– il miglioramento della produttività e dell’efficienza produttiva;
– l’adattabilità ai vari tipi di terreno;
– una buona affinità di innesto.
Pur con l’introduzione sperimentale di numerosi nuovi soggetti, sono ancora pochi i portinnesti "nuovi" che vengono utilizzati commercialmente. Tuttora i tradizionali "franco" e "magaleppo" sono i più diffusi ma, è auspicabile uno sforzo congiunto (istituzioni, vivaisti, produttori) per individuare, fra gli ibridi interspecifici, quelli che meglio possono adattarsi alle condizioni delle tradizionali aree cerasicole.
Portinnesti tradizionali
Franco (P. avium): adatto a terreni profondi, freschi, anche un po’ pesanti; sensibile alla siccità, tollera il calcare ed una moderata asfissia; poco adatto al ristoppio. Di forte vigore e lenta entrata in produzione, viene impiegato dove non è consentito l’uso del "magaleppo". La selezione di franco Mazzard F12/1 è stata oramai abbandonata per l’elevata vigoria, l’insoddisfacente produttività e qualità dei frutti.
Magaleppo (P. mahaleb): adatto ai terreni sciolti, leggeri, ciottolosi, calcarei purché ben drenati; molto sensibile all’asfissia radicale, ad "A.tumefanciens" e molte fitopatie radicali. L’apparato radicale è fittonante con ottimo ancoraggio e scarsa attività pollonifera. La vigoria è inferiore al franco, ma varia in relazione all’origine dei semi; anche l’efficienza produttiva e la produttività sono superiori al Franco.
SL 64 (selezione clonale di P. mahaleb): è senza dubbio da preferire al magaleppo da seme del quale mantiene tutte le caratteristiche positive con una vigoria del 20% circa inferiore al franco e piante uniformi. Si moltiplica in vitro o per talea; ha un’ottima affinità con tutte le varietà e una precoce entrata in produzione. Idoneo per terreni affetti da "stanchezza" (ristoppio). Non adatto ai terreni asfittici e pesanti.
Colt® (P. avium x P. pseudocerasus): selezione clonale ottenuta a East Malling, primo fra i portinnesti interspecifici ad essere diffuso, non ha risposto che in parte al controllo della vigoria del ciliegio. Pur con apparato radicale superficiale, presenta un buon ancoraggio, resistenza al calcare ed all’asfissia radicale, tollera la "Phytophthora" ed ha elevata resistenza alla stanchezza. È poco resistente agli stress idrici e all’ "A.tumefaciens". Anticipa l’entrata in produzione ed ha una migliore efficienza produttiva del franco; la vigoria è inferiore del 10-15%, ma in terreni profondi e fertili a volte lo supera.
Portinnesti clonali propagati in vitro in sperimentazione.
CAB 6P (P. cerasus): selezione clonale di ciliegio acido che induce un vigore inferiore del 20% circa rispetto al franco. Adatto a vari tipi di terreno, anche pesanti, ha attitudini pollonifere e ancoraggio moderato. Selezionato per la miglior produttività rispetto al Franco ed al Colt®, non sembra poter rispondere agli obiettivi perseguiti.
CAMIL® GM 79 <> (selezione clonale di P. canescens): induce vigoria simile al precedente ma con alberi meno compatti e di più facile raccolta; l’entrata in produzione è precoce, la fertilità elevata così come la produttività e l’efficienza produttiva. La resistenza al calcare e alla stanchezza del terreno sono buone mentre è scarsa quella all’asfissia radicale; è molto sensibile all’A.tumefaciens, al Verticillium e alla Phytophthora.
TABEL® Edabriz* <> (selezione clonale di P. cerasus): induce una vigoria inferiore all’F12/1 di circa il 50%; ha un ottimo ancoraggio, buona adattabilità anche ai terreni pesanti, calcarei, mentre risulta sensibile alla siccità ed alla Phytophthora. La compatibilità è risultata buona con le varietà saggiate e non ha attività pollonifere. L’entrata in produzione è molto precoce e l’indice di produttività elevato. E’ particolarmente adatto per ridurre le distanze nei terreni molto fertili.
MAxMA DERBARD® 14 Brokforest <>* (P. mahaleb x P. avium): selezionato da Lyle Brooks del McGill Nursery in Oregon e diffuso in Europa da Delbard. Caratterizzato da buona affinità di innesto, scarsa attività pollonifera e grande adattabilità alle varie condizioni pedoclimatiche, il MAxMA14 è resistente anche al cancro batterico, alla clorosi ferrica, ed è quello che induce minor vigore, circa 2/3 rispetto al franco, e la più precoce entrata in produzione.
MA x MA DELBARD® 97 Brokgrove*<>: stesse caratteristiche del precedente ma vigore intermedio fra i due: grande rusticità, buona affinità, precoce entrata in produzione, scarsa attività pollonifera.
Altri portinnesti (Serie Giessen - Serie Ahrensburg - Serie Weihroot - ecc. ) non sono moltiplicati in Italia e la loro introduzione nei campi sperimentali è troppo recente per valutarne la possibile validità. Tra questi ricordiamo:
WEIHROOT® 158 (P. cerasus x P. avium)<>; ottenuto all’Università di Monaco (Germania), interessante per l’intensificazione degli impianti di ciliegio, indicato per terreni anche con scarsa disponibilità idrica e valutato tollerante all’asfissia radicale ed al calcare attivo.
GISELA 5 (P. cerasus x P. canescens)<>; anch’esso di origine tedesca, ottenuto presso l’Università "Iustus Liebig" a Giessen; portinnesto di medio vigore che conferisce precoce entrata in produzione ed elevata produttività ed efficienza, oltre alla buona dimensione dei fruttti. Consigliato per terreni fertili ed irrigui anche se si adatta a condizioni pedologiche diverse.
<> Alcuni portinnesti indicati sono brevettati, e moltiplicati dagli aventi diritto.

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Concimazione
Nella fase di allevamento l’elemento più importante è l’azoto. Pur nella diversità degli ambienti pedoclimatici, per favorire una rapida costituzione dello scheletro, occorre un apporto di 50-100 Kg/ha di azoto puro preferendo le dosi più basse nei primi anni, sospendendo la concimazione azotata se il vigore degli alberi è eccessivo.
La distribuzione va fatta in due volte, inizio e fine primavera, nei terreni di medio impasto e non irrigati; in tre volte, la terza a fine luglio, nei terreni sciolti ed irrigui. Dal 3°-4° anno, specie nei terreni sciolti, si deve apportare anche potassio in quantità crescente da 50 a 100 Kg/ha e, qualora il terreno non ne sia abbastanza fornito o la concimazione d’impianto sia insufficiente, anche 40-70 Kg/ha di fosforo ad anni alterni da interrare o, meglio, ricoprire con residui organici in autunno.
Durante la fase di produzione l’azoto va distribuito in due volte, a fine inverno e dopo la raccolta, in quantità variabile in base al vigore delle piante ed alla produzione (si evita la seconda se è molto scarsa) da 50 a 80 Kg/ha. Nei terreni non irrigati di collina si può fare una sola distribuzione in febbraio preferendo l’urea per l’azione più prolungata.
Importante la concimazione potassica per la qualità dei frutti, da eseguirsi annualmente in autunno con 80-200 Kg/ha di K2O a seconda della produzione precedentemente avuta.
Per il fosforo dovrebbe essere sufficiente un apporto autunnale ad anni alterni di 50 - 100 Kg/ha di P2O5.
Come sempre, debbono essere le analisi periodiche fatte al terreno ad indicare le quantità di macroelementi da distribuire, dando le dosi massime nei terreni più sciolti e irrigui, ed eventuali carenze di microelementi da correggere.

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Irrigazione
L’estrema variabilità degli ambienti di coltivazione del ciliegio e l’introduzione di nuovi portinnesti rende impossibile una indicazione sulle modalità e quantità di acqua da somministrare. Di certo gli impianti intensivi non possano prescindere da una regolare disponibilità di acqua, anche per un corretto assorbimento degli elementi nutritivi, richiesti in maggiore quantità, causa le più elevate produzioni unitarie. Importante è mantenere la piena attività vegetativa con alcune irrigazioni, almeno fino ad agosto, per avere una buona differenziazione e accrescere la fertilità dei fiori.

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Gestione del suolo
Le radici del ciliegio, in genere, hanno tendenza a svilupparsi in superficie, pertanto si debbono evitare le lavorazioni del terreno anche per la sensibilità della pianta alle ferite. Nei giovani impianti si può ricorrere al diserbo lungo i filari, come visto per l’albicocco, o a lavorazioni molto superficiali; in seguito, è comunque preferibile l’inerbimento parziale o totale, controllato con sfalci periodici per i numerosi vantaggi che presenta: aumento del contenuto di sostanza organica, miglior assorbimento fosfo-potassico, viabilità più agevole, miglior qualità dei frutti, ecc..

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Lotta ai parassiti
Il ciliegio non necessita di molti interventi, per il limitato numero di patogeni che possono aggredirlo in modo preoccupante e recare danni alla produzione.
Le malattie fungine da controllare sono due: il corineo e la monilia; fra i fitofagi le cocciniglie, l’afide nero e la mosca delle ciliegie.
Corineo: si evidenzia particolarmente in autunno ed in primavera con le foglie bucherellate; è molto temibile per il defogliamento precoce e pertanto la difesa va fatta ogni anno fin dall’inizio.
Monilia: colpisce con andamenti differenziati a seconda della stagione durante la fioritura e l’allegagione dei frutti ed in prossimità della maturazione. Molte delle nuove varietà mostrano maggiore sensibilità.
La difesa deve essere particolarmente attenta nelle zone di pianura, negli impianti intensivi, in presenza di eccessiva vigoria, con piogge prolungate o irrigazioni abbondanti soprachioma.
Cocciniglie: la "C.di S.Josè" è la più temibile; occorre fare attenzione a non riscontrarla nelle piante provenienti dai vivai. È indispensabile eseguire la difesa ogni anno con Solbar S all’ingrossamento delle gemme o methidathion se prevale la "C.bianca"; contro questa, in caso di gravi attacchi durante l’estate, ripetere uno o due trattamenti a fine agosto con la comparsa delle neanidi.
Afide nero: è diffuso in tutte le zone di coltivazione del ciliegio; arreca gravi danni anche ai giovani impianti limitandone l’accrescimento e ritardando l’inizio della produzione; la difesa deve iniziare subito dopo la caduta dei petali fino alla invaiatura rispettando i tempi di carenza.